Trovarono i fatti della signoria degli antichi Imperadori, indisciplinati dall'ordine e dalla legalità, senza pure il marchio della consuetudine; perchè ora amplificati dall'arbitrio della potenza degli Imperadori, ora ridotti a nulla dalla intolleranza e dalla potenza de' Comuni. Avevano a fare una cosa quei Dottori: li raccolsero. Ciò era poco: bisognava renderli reverendi con qualche forma di diritto. Non la cercarono, perchè l'avevano fitta ed incarnata nel capo: era quella del diritto Romano. Rifusero in questo tutti que' fatti; ne fecero corpo; e nella forma del Romano diritto trovarono che Federigo, come legittimo successore di Augusto, fosse veramente donno e padrone del Mondo. Non rimaneva più a sapersi se lo fosse anche dell'Italia. Il trovato fu mirabile; incredibile l'onnipotenza dei Dottori; stupenda la fede di Barbarossa a quel Vangelo.
La Dieta componevasi di tre specie di persone: dell'Imperadore co' suoi Principi tedeschi; de' feudatarî laici e chericali Italiani; e de' Consoli delle Repubbliche. I primi deliberavano a proprio vantaggio su l'altrui; i secondi erano tratti a rimorchio, ma con lor piacere; gli altri piegavano il collo, perchè impotenti a resistere. I feudatarî godevano, tornando ad essi più dolce il giogo imperiale, che quello delle Repubbliche: e si sapeva. Ma quello che dovette arrecare scandalo anche ai Tedeschi, si fu la diceria dell'Arcivescovo di Milano, indegna di un Italiano, indegnissima di un pastore di anime. Egli dissoluto nella più marcia adulazione, chiamò giorno fatto del Signore quello in che, per le diffinizioni de' Dottori in Legge, si stringevano i polsi della patria coi ceppi di una schiavitù fino allora sconosciuta; chiamò leggi di pace quelle che sanciva la tirannide di un Barbarossa; chiamò felice l'Italia che aveva alla perfine trovato un Principe, che avrebbeli tenuti come fratelli.
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