Così il Pontificato Romano entrava protettore dei Comuni italiani, e la libertà della Chiesa e dell'Italia si ricoveravano sorelle nel santuario di Dio.
Mentre Federigo affaticava i legisti presso Bologna a citare i Milanesi, ed a lanciar loro il bando dall'Imperio, questi si ponevano al tutto di cacciar lui dall'Italia. Aveva colui contro la fede dei trattati usurpato a Milano il castello di Trezzo: vi aveva messo a guardia un forte presidio, e dentro vi teneva in serbo un gran tesoro. Era forse il danaio spremuto dagli Italiani pel fodro, e la redenzione delle regalie. Vi andarono ad oste i Milanesi: lo espugnarono a viva forza, e ne smantellarono le mura: se ne tornarono a casa recando un grosso bottino, e ben dugento Tedeschi, che gittarono in carcere ad espiare le iniquità del loro signore. Federigo si mise in via per soccorrere il castello: ma vi perdè i passi, perchè gli aggressori menarono presto le mani; in tre dì l'ottennero134.
Si riaccese la guerra con molto furore, la esercitarono con varia fortuna in picciole fazioni Milanesi e Lodigiani. Fedelissima città all'Imperadore era Lodi, Crema a Milano; perciò su queste erano rivolte le menti dei battaglianti. Temporeggiava Federigo, e non osava offendere Milano, non trovandosi ancora ben provveduto di milizie. Stavasene in Lodi, incoraggiando i cittadini alla guerra, quando gli fu teso dai Milanesi un lacciuolo, in cui poteva restare. Avevano questi fermato co' Cremaschi il come ed il quando assalire repentinamente Lodi, ed impossessarsene.
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