Andavano i Cremonesi a tentar Crema, e Federigo disponeva le milizie contro Milano. Spedì innanzi i Pavesi a Septezano, altri diresse sopra Villamaggiore e Garano; egli con Bertoldo Duca e trecento veterani andò a porsi a Landriano, guardandogli i fianchi Lodi da una banda, Pavia dall'altra. Non si proponeva alcuna grande fazione, bensì guastare le campagne, togliere ai Milanesi le vettovaglie, onde venuto di Germania il grosso dell'esercito, assediarli già rifiniti delle necessarie provvigioni da vivere, e trarli, se fosse stato possibile, in qualche imboscata, usciti che fossero ad impedire la rovina de' loro campi. Imcominciarono i tracorridori a fare il loro ufficio battendo la campagna, e ponendola tutta a ruba ed a fuoco, e vennero fino alle porte di Milano, strepitando e chiamando a conflitto; poi volteggiando davano le viste di fuggire per tirare all'aperto i cittadini e condurli nella rete. Si risentì tutta la città, e fu uno scomposto accorrere alle armi, un gridare a guerra, senza un capitano, che regolasse quella levata. Densi e furiosi uscirono addosso ai provocanti, e sì li strinsero, che questi dai finti armeggiamenti dovettero venire ai veri, impegnando una calorosa zuffa. Il bottino di che erano carichi non li rendeva tanto maneschi; per cui vennero malamente battuti e spogli del rapito. Intanto Federigo vedendo indugiare le nuove di quella correria, entrò in timore che i Milanesi non avessero assalite le milizie spedite a Septezano e Villamaggiore, e divisa l'oste per due vie, che portavano a Milano, si diresse a quella volta.
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