Le armi si spezzavano, gli uomini si uccidevano, le idee stavano. E queste idee durature e tetragone alla furia del Barbarossa, non altri che il Pontificato poteva infondere negli spiriti italiani. Vedemmo come questo Imperadore superbamente si conducesse con Papa Adriano; perciò non è a dire come questi avesse l'animo torbido verso di lui, e spiasse il destro di qualche umano sostegno, che il sorreggesse nel farglisi incontro riprenditore. Ora appunto a tale suo uopo vennero i Milanesi, i Bresciani ed i Piacentini stretti con sagramento in lega, che fu come la sementa di quella grandissima, di che narreremo appresso. Si appresentarono questi all'antico e provato propugnacolo di ogni umana giustizia, dico alla Sedia papale, chiedendo aiuto contro al truculento Tedesco, che ad un giogo voleva sommettere l'Italia e la Chiesa, chiedendo mescolarsi le sorti di entrambe da comune nemico minacciate. Adriano stese la papale destra a Milano, Brescia e Piacenza, e fermò con esse un trattato, per cui non dovevano far mai pace con Federigo, senza che ne avessero da lui licenza o dal suo successore; ed egli doveva fra quaranta dì lanciare sul fellone Augusto le folgori della scomunica. Si accostò subito a questa lega la combattuta Crema144. Così il Papa messosi a capo della piccola lega incominciò a santificare lo scopo, per cui combattevano quegl'Italiani, a stornare gli animi dalle basse gelosie che li rodevano, ed a concentrarli nella morale unità della giustizia, di che era tenuto maestro e spositore, e a farli veramente fratelli.
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