Per cui fu un precipitare di molta gente nel fosso; e con molto dolore del Barbarossa non si fece altro in quel dì.
Ma l'esempio del Marchesi aveva fatta una pessima impressione nell'animo de' più fiacchi, i quali celatamente passavano agli alloggiamenti imperiali per accattare con quello vituperevole disertamento meno tristi destini di quelli, che minacciavano la loro patria, resasi che fosse. La qual cosa scorò non poco gli assediati. Correva già il settimo mese dell'assedio: incredibili fatiche eransi durate contro una numerosa oste, la quale poteva avvicendare le schiere sempre fresche alla oppugnazione. I Cremaschi erano sempre gli stessi; perciò, sebbene forti gli spiriti, incominciavano ad infralire i corpi maceri dalle veglie. Non appariva da lungi alcuno, che stornasse da' loro fianchi l'ostinato Tedesco: la speranza della scomunica erasene morta con Adriano. Pensavano salvare la vita, e serbarla a tempi più propizî; poichè, o resa o sforzata, alla patria che difendevano non avanzava che il consueto governo del sacco e del fuoco. Aprirono un trattato di dedizione a patti. Ottennero salve le vite; i Bresciani ed i Milanesi uscissero inermi e spogli di ogni cosa; i Cremaschi, qualunque il sesso e l'età, con quanto poteva ciascuno recarsi in collo delle proprie masserizie.
1160 Giurati i patti, uscirono i Cremaschi co' loro alleati da quella dilettissima patria, in cui lasciavano tanto sangue e tanta memoria di virtù, per non vederla mai più. Andavano come vinti nelle sembianze, ma dentro ai petti fremevano gli animi di quello generoso dolore147, per cui le patrie conquassate e distrutte nelle mura, risorgono indistruttibili nelle sante regioni del cuore.
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