Intanto Federigo che si teneva, come Imperadore Romano, dappiù del Papa, affettando un affocato zelo per la pace della Chiesa, manifestò il pensiero di convocare un concilio, dal quale si deliberasse intorno alla legittimità del papato o di Alessandro o di Vittore. Non faceva mestieri di concili a diffinire quello che era nettamente di per se diffinito agli occhi di tutti i fedeli, ed anche di Federigo: ma questi voleva attruppar quattro Vescovi già venduti a lui, ed imboccar loro una sentenza, che avesse del sinodale contro Alessandro, e che lo coprisse tanto o quanto nelle sacrileghe violenze, alle quali era per prorompere contro il vicario di Cristo. Anzi tanto lo aveva accecato la superbia, che nella lettera indiritta a tutti i Vescovi d'oltremonte per adunarli in concilio chiaramente espose il suo intendimento; cioè di chiamarsi innanzi i due Papi, ed udite le sentenze de' Vescovi, egli laico Imperadore decidere delle loro ragioni, ossia farla da Papa definiente172. Credeva stare sempre a Roncaglia, ed essere legisti i Pastori delle chiese.
Bandita questo parlamento, che chiamava Concilio, Federigo spedì due Vescovi, quello di Verden e quel di Praga, provatissimi cortigiani e tutta cosa sua, a Papa Alessandro e all'Antipapa con lettere che li esortavano a venire al Concilio. Alessandro, che non si poteva tenere tranquillo in Roma per le ribalderie degli scismatici, se ne stava in Anagni co' suoi Cardinali. Quivi lo vennero a trovare i due messaggi imperiali, i quali con fronte alta o con modi superbissimi, entrato il palazzo papale, si assisero alla presenza di Alessandro senza pure un atto di riverenza al medesimo.
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