I Milanesi che si sentivano cresciuti gli spiriti non che a difesa, ma bensì anche alle offese, non patirono in pace que' danni, uscirono in campo per dar su le mani a que' ladroni. Eransi tutti riconciliati con Dio colla penitenza innanzi entrare in fazione col nemico186. Religiosa provvidenza che incominciano a notare i cronisti dopo la scomunica del Barbarossa. Dugento Piacentini erano accorsi in aiuto, recando il loro Carroccio e certe macchine da guerra, che aveva trovate un eccellente ingegniere Guantelino di nome. Erano queste certi carri falcati di picciola mole e leggieri187, che avevano la fronte a foggia di scure, e tutti intorno gremiti di falci, i quali tratti contra all'oste nemica, dovevano fare un gran tagliare a fascio di uomini e cavalli. Scontrarono a S. Romano l'oste guastatrice, e incontanente si ordinarono minacciosi per tirarla a battaglia; ma Federigo consigliato da prudenza, di notte tempo si ritrasse a Pavia, non osando misurar le forze coi Milanesi.
Questi non si potevano dar pace della distrutta Crema, la quale tra per la invincibile costanza con cui erasi mantenuta nella loro fede, e la opportunità del sito ove sorgeva, era stata sempre un forte presidio alle cose loro. Volevano rendere la pariglia a Federigo, togliendogli Lodi, la quale grandemente noiavali, come troppo vicina, e come padrona del passo dell'Adda; ma gli assalimenti con cui la tentarono non riuscirono che a varie fazioni colla peggio de' Milanesi, ed a fare meglio munire la città con mura, delle quali pose la prima pietra il Vescovo Alberico188.
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