I quali non soccorsi dalla città, vennero rincacciati, rimanendone prigioni oltre a trecento in mano di Federigo; che in quella fazione ebbe morto il cavallo, ed una leggiera ferita.
Queste sortite e le sembianze che davano i Milanesi di volersi reggere a petto di tutta quella smisurata oste, invelenirono l'acerbo animo del Tedesco, il quale con ogni più efferato consiglio disfogava la rabbia che il rodeva su i prigioni Milanesi fatti in quelle scaramucce. Se ne aveva condotti a Lodi trecento. Di questi ne scelse cinque, cui fe' cavar gli occhi e li dette a condurre a Milano ad un sesto scemo d'un occhio e delle nari. Metteva poi gli agguati a chiunque da Piacenza o da altra città osasse recar vettovaglie al mercato di Milano. A quanti ne coglieva faceva troncare la mano destra. In un sol dì ben venticinque uomini furono così malamente mutilati dal Tedesco199. A questi infernali furori prorompeva il Barbarossa, mentre in altro conciliabolo ragunato a Lodi dal suo Antipapa Vittore sequestrava dalla Chiesa Vescovi e città. Non credo sia nelle storie esempio di pari ferocia e matta prepotenza in un solo uomo.
Ma le cose in Milano andavano per mala via. L'incendio patito nell'Agosto aveva divorato le molte provvigioni da vivere, ammiseriti molti cittadini, ed il guasto de' campi innanzi il tempo della messe aveva tolto il come rimediare alle strettezze della fame. Mi penso che le provvidenze dei deputati all'annona, i quali dovevano con rigorose leggi accomunare i nobili ai plebei nella eguale distribuzione delle vettovaglie, avesse inaspriti quelli e resi intolleranti de' mali dell'assedio.
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