Allora il popolo e la milizia di Milano si mise colla fronte per terra, dando in pianti e lamenti, e non altro chiedendo che misericordia. E quetato il compianto, si levò in piedi uno de' Consoli ad orare con parole assai pietose a pro del suo popolo, ed a piegare l'animo di Federigo a meno crudi consigli verso di lui. La qual diceria seguita dal ricadere che fecero i Milanesi bocconi per terra, dal loro singhiozzare e dal profferir che facevano delle croci, che recavano addosso, cavò le lagrime a quanti l'udirono. Solo Federigo pareva che non avesse orecchio ad udire, cuore a sentire: la sua faccia era cruda.207 Allora quel Guido Conte di Biandrate, che vedemmo condur le cose di Milano ai tempi del primo assedio, avvegnachè rinnegato avesse la comune patria, seguitando il Tedesco,208 pure a vedere tanta umiliazione de' Milanesi cadere infruttuosa ai piedi della tedesca superbia, si risentì Italiano, e dato di piglio ad una croce, levatala in alto, si mise a capo di que' preganti, e prostratosi anche egli per terra disse e lagrimò per loro. Rispose l'universale compianto; ma Federigo non pianse: la sua faccia era dura quasi pietra, come dice Burcardo209: imperocchè dentro del cuore covava il finale esterminio dell'abborrita Milano, e con questo il servaggio di tutta quanta l'Italia. Ma quelle lagrime, quelle croci, e quella dignità nostra così brutalmente conculcata dallo straniero oh! che crollo daranno un giorno alla bilancia di Dio! Finalmente uscirono dalle imperiali labbra i consueti responsi: Udito il consiglio, userebbe clemenza a tempo opportuno.
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