Ne uscivano in folla i cittadini; ma non l'abbandonarono. Ciascuno si recava nel cuore tutta la patria, che rifuggita nel santuario di uno spirito contristato, era cosa di Dio, nè si toccava dagli uomini. Coloro che avevano parenti o clienti per le vicine terre e città, vi andarono tapinando ed accattando un tetto che li coprisse. Il rimanente del popolo oltre il fossato della città ristette come armento a ciel sereno. Vedi sagrilegio d'umanità213!
Così diserti di ogni conforto que' miserabili, si adoperarono con tavole e stuoie a coprirsi il capo dalla pioggia e dal sole. Medicava gli addolorati loro spiriti la vista della vicina patria, da cui non istaccavano gli occhi; e la speranza che al sol vederli che facesse il venturo Imperadore in tanta disperazione di vita, li avrebbe commiserati, e ricondotti in città. Venne Federigo, li vide e li commiserò alla tedesca. Comandò, s'inabbissasse Milano. Gli erano confortatori ai fianchi dello scellerato consiglio gl'Italiani delle città, nemiche a quella temuta repubblica. Comprarono coll'oro la disonesta vendetta. La vendeva il Tedesco, perchè voleva sbranata l'Italia colle mani dei propri figli. Ritenne spettatrici di quell'eccidio le proprie milizie, e lo dette ad operare ai Lodigiani, ai Pavesi, ai Cremonesi, ai Comaschi, a quelli del Seprio e della Martesana, assegnando a ciascun popolo una contrada della città a distruggere. Non è a significare con parole la rabbia con cui quegl'Italiani si avventassero al guasto della infelice Milano.
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