L'eccidio di Milano riempì di spavento tutta Italia: disperarono le repubbliche che si affidavano ai milanesi destini; gioivano le città imperiali. Ma brevi le allegrezze di queste, corto il disperare di quelle, perchè terribile il giogo che era per imporre a tutti il Tedesco. Questo sol bene accompagna sempre la tirannide nei paesi divisi: risvegliare per disperazione gli oppressi ad incredibili fatti, affratellarli per comunanza d'infortunio. E così avvenne ai Lombardi. Tuttavolta non potevano sentirsi subito fratelli colla gelosia nel cuore, nè poteva cessare per la ineguale potenza delle città. Abbattuta Milano, dovevano umiliarsi tutte le altre; onde su le rovine delle emule, le città imperiali si fossero tenute paghe di vendetta, e sgombri gli animi delle furie cittadine, si fossero ravveduti, che avevano comprata la fraterna vendetta col tesoro della libertà.
I tempi appressavano della beata resipiscenza, e li affrettava Federigo. Aveva fermato assediare Piacenza. I Piacentini temendo i casi di Milano, gliene cavarono il fastidio, prevenendo le ostilità con trattati di pace, che ottennero, mezzano Corrado Conte Palatino del Reno, ed a condizioni assai svantaggiose. Si obbligarono ad un tributo di sei mila marche; ad abbattere le mura, a riempire le fosse della città; a ricevere un Podestà imperiale; a spogliarsi di tutte le ragioni di Regalia, in una parola a non essere più Repubblica. A questi patti si arresero Brescia, poi Bologna, Imola, Faenza; e dalle Alpi a Roma non fu più terra che italiana fosse; tutte contaminate della tedesca labe226. Le repubbliche sorte con tanta maraviglia tra le fortune della barbarie, e le incessanti persecuzioni dell'Impero tedesco, furono a que' tempi soffogate ma non ispente.
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