Davan grida disperate con pianto, chiedendo pietà e giustizia contro i crudeli ministri; almeno una misura allo scempio che pativano. Fu detto che Barbarossa si commovesse alquanto. Egli trasse innanzi, ingiungendo al suo Cancelliere Rinaldo, il più feroce nemico che si avessero i Milanesi, che ascoltasse le lagnanze, e glie le venisse a recare a Monza. Il Cancelliere fece lo stesso; tenne la sua via, ordinando gli venissero appresso i deputati del popolo, perchè in Monza tratterebbe de' loro affari. Chi mi dirà come si rimanessero le miserabili turbe? perchè io non saprei raggiungere colla fantasia la nuova piaga, che aprì loro nel cuore cotanta superbia. Bensì dirò io senza tema di fallo, che in quella notte il popolo milanese così prostrato nel fango attinse a quell'altezza di civile infortunio, in cui è il tesoro di una virtù che non si trova quaggiù.
Pur tuttavia quella misera gente se ne stava sempre spiando se per caso si venisse rammollendo l'animo imperiale, ed ogni apparenza di men crudo consiglio era per essi una speranza, che carezzavano nel profondo del cuore. Tale si fu il rilasciare, che fece Federigo in libertà gli ostaggi milanesi, e il deputare il Conte di Biandrate col Cancelliere a raddolcire le loro sorti. Dell'opera del Conte non sappiamo; so di quella del Cancelliere, che fu pessima. Come i deputati milanesi furono alla sua presenza, egli incominciò a far tutte quelle moine, che tengono in pronto i pasciuti nelle corti, facendo considerar loro il faustissimo avvenimento che fosse quello della visita di un Imperadore, la necessità di significargliene la contentezza con qualche spontanea oblazione.
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