Arraffò il dono, e di presente volle manifestarne la gratitudine. Sbrigliò addosso a quegli oblatori ben cinque suoi luogotenenti, con deputazione di imporre nuove tasse e balzelli. Come poi questi si moltiplicassero non dirò, che recherebbe fastidio a chi mi legge242.
Per buona ventura Federigo e tutti i suoi Podestà andavano un dì più che l'altro perdendo il senno, e ne davano un consolantissimo argomento col non discernere più gli amici da' nemici. Milano, Crema, Piacenza, ed altre città state avverse all'Imperadore, non avevano che invidiare alle altre, che si tenevano strette a questo signore. Federigo le carezzò dapprima, ma, poichè aveva assai adunco l'artiglio, le carezze incominciarono a far sangue. Acerbo Morena che credeva ai miracoli dell'Antipapa Vittore, e alla divinità dell'Augusto tedesco, bene se ne accorse, e non potè tenersi dal darne alti lamenti243. Egli stesso ci conta tutte le gravezze sotto di cui gemeva non una ma più città di Lombardia. Sette volte oltre il debito taglieggiavano i Podestà le città imperiali; ai Milanesi244 ed ai Cremaschi non lasciavano che appena la nona parte dei prodotti delle loro terre. Poi si avventavano alla cieca su le case, su i molini, su la caccia, sulla pesca, su le bestie; tutto annichilavano colle tasse, divoravano il meglio. La pudicizia delle vergini, la santità dei talami violavano, contaminavano245. Niente di santo per que' ladroni; nulla campava dalle boreali libidini. Uomini vissuti liberi un tempo traevano una pesante catena, e così importabile si faceva loro la infamia del servaggio, che alla morte agognavano.
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