Un Arnaldo Barbavaria Podestà in Piacenza dopo avere impoveriti i cittadini, costringendoli alle spese dell'abbattimento delle loro mura; dopo avere, come ne corse la fama, tolte solo ad Ugone Sperone ed Alberto Malnepote undici mila marche d'argento, si avventò anche ai Santi, spogliando la chiesa di S. Antonio di quanto aveva di prezioso255.
Come la lontananza dell'Imperadore rendeva più ribaldi i ministri, così inanimiva i popoli a scuoterne il giogo. Erasi allontanato da Bologna certo Bezone Podestà, per far la corte all'Imperadore, che andava in Germania. Fu questo un bel destro che i Bolognesi colpirono a francarsi, tornando in piedi l'antico reggimento comunale. Crearono nuovi Consoli; richiamarono alla sua sede il Vescovo Gerardo, che si teneva nascosto nel monastero di S. Vittore. I Valvassori vicini, gente che abborriva le Repubbliche, e i due castelli di Badulo e Battidirro locati su i monti, che non vollero rispondere ai mutamenti della città, vennero colla forza domati. Sopravveniva Bezone, e trovato tutto quello scandaloso rimutamento, voleva farla da Tedesco; ma i cittadini la fecero da Bolognesi. Bezone fu spodestato per le finestre del palazzo comunale256. Queste salutevoli provvidenze di fatto non è a dire quali effetti producano nei popoli, cui non avanza a salvarsi che il furore. Piacenza tanto fortemente dovè scuotersi, che quel Alberto Barbavaria, spogliatore di S. Antonio, prese la fuga, recando seco, non avendo altro a rubare, le carte dei privilegi della città257. Così si andavano persuadendo i Lombardi, che ove fosse stata concordia di volontà e di forze, quello che Bologna e Piacenza faceva, potesse da tutti imitarsi non solo coi Podestà, ma anche con lo stesso Imperadore.
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