Per la qual cosa malamente portò sempre quella estinzione della greca potenza in Occidente, e sempre fu desto a spiare qualche via a tornar signore nell'Italia. Ebbe in tutto il tempo che governò, e fu di trentasette anni e cinque mesi, quattro nemici, con cui fu sempre in guerra. I Turchi ad oriente, l'Ungheria, sorretta dall'Imperadore tedesco a maestro; Venezia a ponente, ed a libeccio il Normanno di Sicilia. Tenne fronte a tutti con varia fortuna, non levando mai gli occhi dal Papa; il quale come era stato incoronatore di tedeschi Imperadori, tribolato da questi, poteva a se, successore di Costantino la corona del Romano Impero tornare. Ma mentre sospirava a così grande cosa, non ne trascurava una minore, quale era il togliere ai Normanni la Sicilia, la Calabria e la Puglia, sicuro, che mettendosi al posto di Ruggiero o di Guglielmo, lo innalzarsi all'impero Romano sarebbe stato facile. Anche egli pensava all'Italia. Adunque fin dai tempi di Adriano erasi mostrato bramosissimo della riunione delle due Chiese Greca e Latina, consueto artifizio de' Bizantini ad accattare il favore di Roma. E quando Alessandro si trovò tribolato dal Barbarossa per l'Antipapa Vittore, il Comneno gli profferiva, scrivendo a Luigi di Francia, la sua amicizia, e si admostrava paratissimo ad accogliere ed aiutare ad una novella Crociata. Venne anche ai fatti. Quando Federigo distrusse Milano, e si mise sotto la Lombardia, temendo, che conquistata l'Italia, non lo venisse a turbare in casa, come avevano fatto i Principi Normanni, seminò danaio e male voci contro di lui per le città italiane, ad accrescere la loro scontentezza.
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