Calcò il giogo con cieco furore; proscriveva le persone, taglieggiava le sustanze. Cento Milanesi delle più gentili famiglie mandò per conceputi sospetti nelle prigioni di Pavia: fece una grossa levata di danaio. Sopravvenivano più certi, e più minacciosi gli annunzi: collegarsi le città Lombarde; stringersi la Lega per le contrade veneziane; arrollarsi milizie. Il Tedesco incominciò a temere; spiava, imprigionava alla cieca; col fervo, col fuoco minacciava sterminare le disperse reliquie di Milano298. Ma i Lombardi andavano difilato alla bramata meta.
Spuntava il dì settimo di Aprile: e i deputati di Bergamo, di Cremona, di Brescia, di Mantova, di Ferrara, e delle quattro borgate milanesi celatamente convennero alle porte del Monastero di Pontida. Vennero intromessi ne' solinghi claustri; e mentre supplicavano a Dio i salmeggianti monaci, perchè della tribolata patria si ricordasse, quelli pietosamente si accostavano ai supremi consigli299.
Primi i deputati Milanesi tolsero a dire, forse lagrimando, come ad ogni altro pensiero dovesse andare innanzi quello di Milano; pensassero, questa non essere più, e gli sperperati cittadini non aver mura che li proteggessero; e così gli inermi rimarrebbero segnale alla tedesca rabbia, e la Lega perderebbe in sul primo annodarsi un fortissimo sostegno; ponessero il partito di rilevare innanzi ogni altra cosa le mura della città loro; rilevassero quel santo propugnacolo della Lombarda libertà, vi tornassero i raminghi cittadini, perchè nella faticosa redenzione della patria, gli occhi ed i cuori de' collegati, trovassero su le sue mura il conforto delle memorie.
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