Andavano i Cremonesi oratori a tentare Lodi. Introdotti nel Consiglio di credenza, e ricambiate le consuete salutazioni, onestamente ragionavano, «Un solenne avvenimento avere testč richiamati alla vita i Lombardi popoli; uomini usi alle ingloriose gare del municipio avere nel seno della comune patria spento l'incendio della scellerata discordia; mescolarsi le speranze, i timori, la vita della loro Cremona, di Verona, di Mantova di Brescia in un sol cuore, che si chiamava Lega Lombarda. Le sante mura di Pontida testimoni del gran sagramento; la risorgente Milano segno del sorriso de' Cieli. Alla pietosa fratellanza muover gią le altre cittą; crescere i nervi della Lega; minacciare questa alla tedesca tirannide; aspettarsi sorella la nobilissima Lodi. Venisse, non prolungasse il desiderio loro. Non isdegnasse il consorzio di que' Cremonesi, che con lei e per lei tante volte pugnarono. Ponesse gił dalla mente le dispettose memorie; stendesse la mano a perdonare la umiliata Milano; abbominasse le insidiose blandizie imperiali. Averle anch'essi provate, e sapere come poi cuocessero: non aspettasse di provarle in tempo inopportuno ai rimedi. Essere in lei solo intesi gli occhi di tutta Italia; pregarla, svellere con unito sforzo la radice della mala pianta che pareva nel suo seno abbarbicarsi e minacciare pił pestilenti germogli. Deh! non patisse nelle sue membra il tedesco stupro: levassesi e stesse in orecchio ad udire come gią cominciasse a perpetuarsi il glorioso grido - Per Lodi stettero i Lombardi destini -» Queste accalorate parole trovarono chiusi gli animi de' Lodigiani non so se dall'odio, che ancor portavano a Milano, o dal timore di Federigo.
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