Accorse a liberare l'Imperadore da quelle distrette Obizzo Marchese Malaspina, che per le sue terre della Lunigiana gli diè un passaggio; e cosi potè arrivare a Pavia a mezzo Settembre in pessimi arnesi. Nove mesi innanzi vi aveva celebrato il Natale in mezzo ad una splendida corte, ed un fiorito esercito, inchinato da tutta Lombardia. Ora di baroni e soldati non si vedevano che pochi, e la Lombardia gli era innanzi colla fronte dirizzata e con la mano sull'elsa. Egli ben si avvide del procelloso rovescio. Imperocchè fatto correre il bando di un parlamento, che voleva tenere in quella città, e con quello il comando ai suoi vassalli di recarvi le loro milizie, fu pochissimo il numero degli accorsi. Pavia, Novara, Vercelli, Como, furono le sole città che vi mandassero i loro deputati. De' grandi Baroni, il Marchese Obizzo Malaspina, il Conte di Biandrate, Guglielmo Marchese di Monferrato, ed i signori di Belfort, del Seprio e della Martesana furono i docili ad andarvi. A questo rado convento Federigo parlò da Imperadore: ed invero aveva costui animo poderoso da sovrastare alla indomita fortuna tanto bruscamente rimutata. Sentenziò ribelli le città collegate, le sottomise al bando dell'Impero (eccettuando Lodi e Cremona, che sperava, riguadagnare colle buone) giurò prendere una segnalata vendetta, gittando il guanto in mezzo all'assemblea. Il guanto fu raccolto invisibilmente dalla Lega311.
Incominciarono le ostilità. Con quell'avanzo di esercito tedesco, e colle milizie feudali Federigo assistito dalle anzidette città, mosse tosto ai danni di Milano.
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