Vennero infatti i deputati Lombardi, i quali colla loro presenza sventarono le maliziose trame del Barbarossa.
Mandava pregando al Papa l'imperiale oratore, che come recava divieto del suo signore di toccare gli stati del Re di Sicilia, si degnasse condursi in quelli della Chiesa, ed in qualche città di Campagna venisse ad ascoltarlo. Si mosse Alessandro e venne in Veroli. In pieno concistoro, presenti i Lombardi, accolse il Bambergense; il quale vedendosi tratto tanto all'aperto, tenne per ispacciata la legazione. Tuttavolta con umili sembianze fattosi alla presenza del Papa, disse: mandarlo a lui ambasciadore il suo signore l'Imperadore Federigo, ma con severo comandamento di non trattare con altri che col Pontefice, cui solo poteva palesare l'ambasciata; perciò tornargli impronta la presenza di tutti quei congregati. Rispose Alessandro: essere vana quella segreta manifestazione di cose, intorno alle quali non poteva dare avviso di sorte, inconsapevoli i suoi fratelli, e i deputati Lombardi. La qual risposta sconcertò in guisa il Vescovo, che a non tornarsene colle pive nel sacco, il fece consentire, che il Papa dopo averlo ascoltato in segreto, andasse a comunicare ai Cardinali ed ai Lombardi l'imbasciata di Federigo per raccoglierne le sentenze. Il Bambergense non aveva che dire: egli veniva solo per far correre la fama, che avesse segretamente trattato col Papa e non altro.
Infatti come Alessandro l'ebbe a solo, non disse verbo che toccasse o la cessazione della scisma, o il rispetto alla libertà de' Lombardi.
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