Genovesi e Pisani lastricarono la via al ritorno dell'Imperadore Barbarossa. Essi accolsero quell'astuto e ribaldo Prelato Cristiano di Magonza, ora accettandone l'arbitrio nelle loro discordie, ora ponendolo a capo della propria fazione a ferire l'opposta. Di che egregiamente si giovò l'Arcivescovo, adunando parlamenti, facendosi compositore di paci, punitore di ribelli, premiatore di fedeli; in una parola, richiamando in vita in quelle matte contrade la buona memoria di Federigo. Nel parlamento tenuto presso Siena Cristiano si vide attorno pendenti da' suoi cenni il Prefetto di Roma, quei della città d'Ancona, il Marchese di Monferrato, il Conte Guido ed una moltitudine di Valvassori e Consoli della Toscana, dell'Umbria e della Romagna347. O egli non la faceva da giudice intero, o le sue sentenze non erano accolte da una delle parti, lungi dal sedare, stimolava a guerra l'Arcivescovo, ora a Genova, ora a Pisa favorendo, fino a che s'ebbe ben rifornito di milizie, che lo seguivano come capo di fazione. Così Federigo trovò chi lo accogliesse in Italia, pronto che fosse a discendervi con opportuno sforzo.
Contristavano queste pazzie genovesi e pisane l'animo dei collegati Lombardi; i quali al risapere come Genova nell'anno 1171 avesse amorevolmente accolto l'Arcivescovo Cristiano, se ne sdegnarono fortemente, ed a punirla di quello, ch'era un vil tradimento alla patria, bandirono che non si recasse dal paese Lombardo grano o altre vettovaglie a quella città; per cui vi misero dentro un'assai grande carestia348.
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