Ripigliate le armi; spedite attorno oratori per un esercito, che ci soccorra. Ed ove non avanzi speranza di aiuto, gittato il tesoro in fondo al mare, prorompiamo con ultimo sforzo sul nemico, seppelliamo ne' nostri petti la patria pura ed immacolata di servaggio».
Le parole del vecchio confortarono mirabilmente gli Anconitani, e con comune sentenza deliberarono morire, anzichè rendersi al Tedesco. Furono spediti fuori secondo il consiglio del vecchio tre gentiluomini Anconitani con molta quantità di oro per assoldare milizie; i quali tanto bene si schermirono dalle navi venete, che senza molestia le barche che li portavano presero il largo. Combattere col ferro alla mano sarebbe stato poco per que' valorosi, terribile pruova era il sostenere una fame, che un di più che l'altro incrudiva. E dentro consumato ogni cibo da uomo, si gittarono a mangiare ogni più sozza cosa, meno per satisfare al naturale appetito che per ingannarlo. L'alga del mare, cuoi ammolliti nell'acqua, e schifosissime bestie erano le sole vivande che avanzavano. Ma come mancava il naturale alimento ai corpi, cresceva quello dello spirito, alla vita del quale era un esca succulenta il pensiero della patria, per cui tanto pativano. Era veramente un miracolo a vedere uomini rifiniti di ogni forza vitale al primo toccar delle campane a stormo, balzare in piedi su gli spaldi, e combattere da lioni. Ed anche più splendida si parò la virtù delle donne in questo assedio, le quali Italiane essendo, Italiane furono nella virtù. Vedevansi queste morir tra le braccia il frutto delle loro viscere, perchè non davano più latte le maternali poppe; eppure non che levare un lamento, non una preghiera a dare un termine colla resa ai dolorosi casi, con una ineffabile virilità di cuore si rendevano confortatrici agli uomini in quel martirio, che per la patria duravano.
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