Il Tedesco non volle sapere di ragioni: voleva inabbissare Alessandria. Continuò a stringerla con tutti i mezzi, che l'arte della guerra offeriva a quei tempi, per ben quattro mesi. Marcivano nella melma le milizie, morivano, disertavano le insegne: Barbarossa non si scuoteva. Come ad ultimo argomento si appigliò a far minare la terra. Fece con molte cautele, perchè non se ne addassero gli assediati, aprire una galleria, da prolungarsi fino nel cuor della città, per cui era per entrarvi improvvisa la sua gente. Con grande silenzio, e difficoltà procedevano i minatori365.
Intanto gli Alessandrini avvisavano la Lega del loro pericolo; invocavano gli opportuni soccorsi. I Rettori non li fecero lungamente aspettare. Fu tosto assembrato un parlamento a deliberare su gli aiuti da spedirsi all'assediata città. Ignoro del sito di questa assemblea, so di quello che diffinisse. Durassero per tutto il Febbraio, ed anche oltre, ove necessità il chiedesse, a guardia di Alessandria le taglie de' fanti e de' cavalieri speditevi dalle varie città. Ciascuna di queste sborsasse un sussidio per gli Alessandrini di mille lire milanesi, e dugento e dieci per lo stipendio del loro Podestà Rodolfo da Concesa. Si addoppiasse il numero delle milizie federate; e divise in due eserciti, uno indirizzato dai Rettori di Milano, Piacenza, Brescia e Verona, andasse per le soprane rive del Po a stornare il Tedesco dall'assedio di Alessandria; l'altro governato da quei di Bologna, Cremona, Mantova e Parma vegliasse di qua del Po a guardia di queste città, campeggiando Parma e Bologna.
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