Egli divisava raccozzare l'esercito tedesco colle genti pavesi e del Marchese di Monferrato, e forse o seguendo il corso del fiume Olona, andare a ferir Milano; o piegando verso ponente, correre fino ad Alessandria, e rinnovarne l'assedio.
Ai Milanesi toccò l'incarico di sostenere l'urto della vegnente oste tedesca, come più vicini; e veramente da generosi si erano preparati ad accoglierla. Forse il non sapere, che l'Imperadore erasi ricongiunto all'esercito, fallì i Rettori della Lega, che non furono più in tempo a spedire le taglie delle milizie in soccorso dei Milanesi. Giunsero opportune solo quelle di Piacenza, ed alcune schiere, ma scelte, di Veronesi, Bresciani, Novaresi e Vercellini. Come fu risaputo in Milano, aver mosso gli alloggiamenti da Como l'Imperadore, e minacciare le città a solo quindici miglia di distanza, si diè nelle trombe, e processero fuori le collegate milizie. Le milanesi si dividevano in tante schiere quante erano le porte della città,374 cioè Romana, Ticinese, Comana, Vercellina, Nuova, Orientale; a ciascuna un capitano ed una insegna.
Erano poi alcune compagnie stipendiate dal comune che a singolari uffici si destinavano. Quella della Morte era una mano di settecento uomini, i quali con sagramento votate le loro vite alla patria, o a vittoria o a morte agognavano, nulla di mezzo; perciò di quel nome addimandati. Conduceva questa coorte un'eccellente cittadino, Alberto di Giussano, di così aitante e torosa persona, che lo chiamavano il Gigante. Trecento fanti, fiore dell'esercito, vegliava alla difesa del Carroccio: peculiare milizia era ai carri falcati, de' quali sopra ciascuno combattevano in piedi dieci soldati.
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