Io non toccherò tutti i particolari del trattato della pace di Costanza; poichè recherebbe noia a chi legge, essere condotto per tutta quella serie di ragioni che le cautele delle parti contraenti ponevano in mostra a guardia del diritto. Mi terrò nella sommaria ragione, in cui tutta era la sostanza della cosa, cioè: spogliarsi l'Imperadore di ogni supremo dominio su le città federate di Lombardia; essere queste veramente signore nel compreso delle loro mura, e ne' loro contadi; i pascoli, i molini, i boschi, le acque, i ponti, la raccolta del fodro, l'assoldare eserciti, le interne ed esterne munizioni essere cosa loro; piena la civile e la criminale balia. Ove sorgesse lite intorno alle Regalie tra il Comune e l'Imperadore, scegliesse il Vescovo due arbitri a giudicarla; questi impotenti a finirla, si contentasse l'Imperadore di un annuo censo. Le terre infeudate durante la guerra tornassero alle città. Dando l'Imperadore per l'Italia, accorciasse la dimora nelle città, perchè non ne patissero aggravio. Stesse in vigore la Lega; la rinnovassero a lor piacere le Repubbliche. Rimanevano però le memorie dell'Impero. Stessero i Consoli; ma ricevessero la investitura del Consolato dalle mani d'imperiale Legato senza pagamento di sorte; potesse l'Imperadore tenere nella città un giudice accoglitore di appelli nelle cause civili, che andavano oltre alle venticinque lire imperiali; infrenasse il giudice un giuramento di rispettare le costumanze della città, e di non tenere in ponte i litiganti oltre i due mesi; all'apparire del vegnente Imperadore in Lombardia, i federati gli prestassero il fodro reale, gli acconciassero i ponti e le strade, gli facessero trovare grassi mercati; giurassero mantenere i diritti dell'Impero nelle città, che non erano entrate nella Lega.
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