Giurò l'Imperadore, giurarono le Repubbliche; e la pace fu fatta395.
Così dopo trent'anni di generosa guerra i Lombardi, soli tenendo fronte ad uno potentissimo Imperadore, conquistarono il tesoro della loro libertà, e sull'altare della patria si assisero maestri a tutta Italia del come si redimano i popoli e si aggioghino le tirannidi. Fortunati Lombardi, e più fortunata Italia, se avessero conservata l'anima come quella del dantesco Sordello altera e disdegnosa,
A guisa di Leon quando si posa.
Sì davvero avrebbero dovuto posare come leoni su quel tesoro. Ma irrequieti nella conseguita pace, la esuberante vita profusero a danno della innocente patria. Sfecero colle mani proprie il santuario della libertà, e come farnetici per affocata febbre, andarono levando su le sue rovine una moltitudine di troni ad uomini più degni di sequestro, che di umano governo. I Visconti, gli Scaligeri, gli Ezzelini e tutto quell'armento di tirannelli, di cui vedeva gremita l'Italia il magno Alighieri quasi due secoli appresso,396 tra potenti malfattori, prepararono a questa nostra patria sette secoli di lagrime e di sangue, che solamente può spremere il giogo del servaggio. Dovrei dare per una bolgia di famosi delitti, se volessi toccare della fine di quella Lega, che è stato subbietto di queste storie. Ma io non mi vi voglio pure accostare; perchè ho voluto scrivere un libro che confortasse a bene per la gioconda esposizione della virtù, non per ischifosa rivelazione del vizio. Aggiugni: che mentre io era tutto in queste storie, dico in questo salutifero anno 1848, fu tale e tanto repentino scroscio di umani fatti, che addivenne intempestivo il ministero dello storico, che a quei fatti indirizzava.
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