Io scriveva per Italiani italiane glorie, quando tutta Italia trabalzò in piedi e si mosse per là dove la vanno scorgendo i placati Cieli. Rotti gl'indugi, che per mezzo secolo le aggroppavano innanzi le pazze violenze di coloro, che vivevano ne' tempi morti, il suo procedere fu fragoroso, e si fe sentire ne' cupi recessi della mia solitudine. Levai tosto la mano da queste pagine, ed alla patria che esce, come da feudale castello, dagli steccati del Medio evo, io uomo del Medio evo consegno questo volume quasi documento delle ragioni, che le assegnino il seggio nel concilio delle nazioni, e dello amore che smisurato le porto. Perciò non vadano gli eruditi cercando in questi libri peregrine scritture, rivelazione d'ignoti fatti, lucubrati veri: qui è un ingenuo racconto che io ho fatto ai miei fratelli assiso al focolare domestico della Patria alla vigilia di un grande viaggio.
Ite, o fratelli; osate: e la vostra mente basti non solo al concetto della vostra nazione, ma anche a quello di tutta l'Umanità: il vostro cuore si dilati ad un grande amore, che travalichi i confini dell'Alpe e del mare. Non vi disfranchi la fellonia dei buoni, il perfidiare dei tristi: l'oro e la forza li fa vivere, il secolo li ucciderà; voi guardateli e passate. Essi oggi sconoscono la onnipotenza del Cristo, che compie la civile redenzione degli uomini; domani la confesseranno col grido della bestemmia di un Imperadore: Vicisti, o Galilee. Sì Cristo ha vinto, eguagliò, francò le caste; eguagliò, francò i popoli: egli viene al giudizio delle ragioni non di una città o di un popolo, ma di tutta l'umana famiglia; ed al cospetto di un tanto giudice ciascuna nazione dovrà sedere nel proprio seggio.
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