Se vogliamo apprezzare corrispondentemente il fanatismo di eguaglianza della nuova Francia, dobbiamo ricordarci dell'odio atroce che in quel paese fin dai tempi antichi separava gli stati. Ognuna delle classi più alte guardava le più basse con un disprezzo senza limiti. L'antico nome del quarto stato, dei vilains, è ancora oggi un'ingiuria. La nobiltà, come Napoleone III dice incisivamente, traduceva la generosa parola noblesse oblige nell'altra noblesse exempte. Mentre nel secolo decimottavo il benessere e la cultura del terzo stato era in poderoso aumento e la dottrina dei diritti illimitati dell'uomo trovava numerosi apostoli ispirati, le barriere giuridiche tra l'uno e l'altro stato erano alzate anche più alte che nel medioevo. La maggioranza dei francesi era legata alla professione dei loro padri, la parte più grave dei pesi pubblici era sostenuta dal quarto stato travagliatissimo. Perfino durante la rivoluzione apparvero fogli volanti, sui quali l'aristocrazia con cinica franchezza bandiva principii come questi: "La società può ridurre schiavi gli uomini, quando ne ridonda vantaggio ad alcuni dei suoi membri. La legge rispetto a una classe di cittadini deve tollerare le violenze e i misfatti, che rispetto a un'altra punisce severamente". Siffatte massime bastano a spiegare la guerra di distruzione contro gli stati più alti, che occupò gli anni della rivoluzione. Disgraziatamente nella vita francese, come apparve manifesto, non sopravvisse nulla della schiettezza e semplicità democratica.
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Francia Napoleone III
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