Come l'unità dello stato, così pure l'onnipotenza statale menata a compimento da Napoleone era in tutto fondata sulla storia del paese. In tutte le epoche creatrici la legislazione francese mostra il tanto celebrato caractère d'abondance inspirée. Perciò in Francia lo stato non trova la sua prosperità nell'attività privata di uomini liberi, ma nell'ammasso potente di tutte le forze del popolo cospiranti insieme nei colpi poderosi all'estero e nelle grandi intraprese all'interno. Già Enrico III dichiara che il diritto al lavoro è una concessione della corona, e da Colbert in poi l'economia è assoggettata a un indirizzo imperiosamente imposto dallo stato. Non a caso, quindi, in Francia molti cervelli elevati riuscirono a quella dottrina del comunismo, che in Germania e in Inghilterra ha a stento suscitato proseliti tra spiriti di poveri diavoli. S'intende, quindi, come quelle utopie siano una forma più avanzata e ardimentosa dell'iniziativa dello stato già predominante da gran tempo, laddove presso noi Germani offendono crudamente tutte le consuetudini statali e sociali.
La Francia ha sacrificato beni inestimabili all'onnipotenza dello stato, e, principalmente, il libero sviluppo della religione e, insieme, di tutta la vita dello spirito. Si tenta di cercare nel genio nazionale la spiegazione della fedeltà serbata dai francesi al cattolicismo. Si dice, che l'indole superficiale del popolo, non dotato di intelligenza speciale per le intime e profonde lotte scientifiche del protestantismo, e la serena sensualità innamorata di bellezza dei paesi meridionali, abbiano avuto un sopravvento decisivo a spese dell'acuto intelletto critico.
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