Tra loro appena una decina possono con piena verità chiamarsi persone, uomini a sé e per sé. Il rimanente di questi abili esecutori si scambiano facilmente tra loro, si distinguono appena per un maggiore o minor grado di alterigia, di attività ed efficacia, di devozione al padrone, di talento nelle specialità tecniche. Si confrontino le figure dei marescialli napoleonici, non dico con gli eroi della nostra guerra d'indipendenza, ma semplicemente coi capitani e uomini di stato di Federico il Grande o di Luigi XIV, che pure doverono piegarsi anch'essi davanti a un potente autocrata. Ebbene, per un Turenne, per un Podewils o per un Ferdinando di Braunschweig, non ci sarebbe stato posto nell'impero di Napoleone.
Nei momenti lucidi, l'imperatore ha riconosciuto la debolezza del regime violento e convenuto, che chi opprime le idee lavora alla propria perdita. Effettivamente il suo governo si risolveva in una lotta incessante contro ogni movimento di libertà dello spirito. Alcuni dotti specialisti devono alla spedizione di Egitto un acquisto di tesori alla loro scienza. Laplace poté scoprire sotto l'impero le leggi della meccanica celeste. Le scienze esatte ebbero incremento dal politecnico, creato dalla rivoluzione, che mercé i grandi matematici derivò proprio dal trono la propria importanza. Ma gli storici, il cui bisogno immediato è la libertà e la cui prima condizione è la fortezza del carattere, sono diseredati; a loro deve bastare, che l'imperatore permetta a Lediard la traduzione della storia di Marlborough.
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