Perfino quando cadde dal trono, egli da attore consumato si aggiustò ancora una volta la toga in pieghe pittoresche: "come Temistocle", scrisse al principe reggente, "cerco asilo al focolare del popolo inglese". Commediante, commediante! borbottò papa Pio, quando l'imperatore lo lasciò, dopo una scena retorica di forza. I caricaturisti inglesi del tempo, con occhio sicuro, penetrante nel punto debole dell'avversario, rappresentano il piccolo Bony come uno smargiasso da teatro. Il linguaggio fanfarone dei suoi bollettini e dei suoi proclami, modellato per metà sul largo pathos degli eroi ossianici, e per l'altra metà sulle reminiscenze dell'enfiatura dei discorsi della Convenzione, sembrava creato apposta pel più vano dei popoli. Sapeva con tocco e tatto da maestro cavar fuori dalla storia romana e ridare la vita precisamente alle immagini, che parlavano al cuore della "democrazia armata" della nuova Francia. Distribuì ai suoi reggimenti quelle aquile, che il condottiero democratico Mario aveva date alle legioni romane, e che il monarca democratico Cesare aveva portate attraverso l'orbe. La nazione si conformava con sciagurato ardore all'immoralità della Roma imperiale. Il senato di Tiberio non disse nulla più servile della parola di quel Daru, che gridò ai tedeschi: "la volontà dell'imperatore è irrevocabile come il fato", o di quei consiglieri di stato, che dichiararono al dominatore: "Voi sarete apprezzato degnamente dagli avvenire; state troppo in alto, per essere compreso dai contemporanei". La nazione in principio era realmente entusiasmata: i suoi più cari sogni, essa li vedeva effettuati; ché, dopo le splendide campagne dell'imperatore, specialmente dopo la battaglia di Austerlitz, i Galli sembravano davvero gli eredi dei Cesari romani.
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