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      Nella sua celebre lettera al principe primate Dalberg dell'11 settembre 1806, Napoleone definisce l'accettazione della dignità di patronato sulla confederazione del Reno un atto di politica conservatrice, il riconoscimento giuridico di una situazione di fatto esistente da secoli. Noi tedeschi non possiamo leggere senza amarezza questa mezza verità, schiettamente bonapartistica. È impossibile, purtroppo, smentirla come una bugia intera; giacché in realtà la confederazione del Reno non era che il compimento di quella vergognosa dipendenza, che i signori spirituali e temporali dei nostri paesi del Reno, i Wittelsbach, i Fürstenberg, i Galen, avevano stabilita già da gran tempo.
      Ma la politica estera di Napoleone non si attenne a cotesti principii tradizionali; in grande e nell'insieme essa è un abbandono arbitrario dell'antica e sperimentata politica nazionale. Quando ogni esercito dell'Europa andò in frantumi ai colpi del conquistatore e il mondo parve stendersi davanti a lui come una sconfinata e nuda pianura in attesa dell'edificatore, la Francia gli era indifferente come forse qualunque altro popolo. L'impero dell'occidente, a cui egli sognava, poteva sostenersi soltanto mercé sacrifizi di ricchezze e di sangue, pei quali la potenzialità della Francia non era abbastanza adulta. Persino le provincie bellicose del nord e dell'ovest finirono col maledire l'avidità di conquista del dominatore. Bisognò trascinare incatenati i coscritti ai reggimenti e, sull'esempio delle dragonate di Luigi XIV, indire gli alloggiamenti nelle case dei genitori degli ascritti alla leva disertori.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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