Non mai un uomo fu con tanta sicurezza compenetrato interamente della coscienza della grandezza del proprio tempo. "Io non voglio vedere questa nuvolaglia di nani, perché le parti collaterali agli avvenimenti del presente bisogna cercarle nella storia e non già nelle gazzette dell'ultimo secolo. Ora è venuto il tempo di grandi mutamenti": così scrisse allo czar nel 1808, dopo l'Egitto e Marengo, dopo Austerlitz e Jena.
Il suo spirito ricorda la natura dei tropici. Come questa con inesausta potenza produttiva matura ogni giorno alla luce nuove e meravigliose forme gigantesche per poi annientarle d'un colpo sotto mostruosi uragani e terremoti, così egli, potente nel creare, era più terribile ancora nella distruzione di quanto aveva allora(2) creato. "Tutti quanti devono stare sull'attenti, al loro posto; solo io so ciò che devo fare", scrisse una volta. E senza dubbio possedé in sommo grado il dono di elaborare indefessamente un'idea fino alla fine, la tenacità e la perseveranza, che inculcava ai suoi ministri continuamente, come le prime virtù dell'uomo di stato. Seppe mirare al suo scopo, secondo i singoli casi, con freddo calcolo, con astuzia impenetrabile o, se era necessario, con la pazienza dell'agguato, senza farsi mai da circostanze accessorie sviare dal nocciolo della questione. Poteva, per quanto la fantasia gli errasse in distanze incommensurabili, vivere pure con la precisione di un povero computista per la pratica del momento, come se non ci fosse mai un domani. Ciò non ostante, nessuno è autorizzato a dire a vanto di Napoleone, che l'opera della sua vita sia stata sistematica.
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