Le discolpe di una tale sregolata cupidigia di regni suonano sempre impudenti, grossolane, frivole: l'Olanda è un'alluvione dei fiumi francesi, l'Italia è il fianco, la Spagna l'appendice della Francia. Ogni vittoria innalza cotesta bollente fantasia a più arditi voli, inebbria l'insaziabile con sogni sempre più bramosi. Durante l'insurrezione di Spagna, se la cavò così: "io posso trovare in Ispagna le colonne d'Ercole, non già i limiti della mia potenza"; e quando l'intera penisola era irta di armi, un divampo terribile dello spirito nazionale minacciava di annientare i francesi, e perciò tutte le ragioni immaginabili della politica e della strategia consigliavano all'imperatore di rovesciare le sue forze riunite sulla Spagna, proprio allora l'irrequieto principiò le beghe con la Russia. E non appena accenna in Russia al primo successo, egli già medita di trasportare sul Volga la propria base di operazione, e d'un balzo prodigioso precipitarsi sull'India inglese. Quando infine, come un povero fuggitivo, prese fondo a Fréjus, egli disse al fido Augereau: "l'Asia ha bisogno di un uomo!".
Anche nelle imprese di grandezza degna di un vero uomo di stato, è sorpreso da disegni fantastici, oppure guasta egli stesso l'idea geniale con la veemenza della sua passione. La spedizione di Egitto fu indiscutibilmente ispirata da un'idea degna del più grande uomo di stato, fu schiettamente francese, conforme allo spirito dei tempi più felici della politica borbonica. Eppure, durante la stessa traversata si arrischia alla presa di Malta, una conquista a vantaggio dell'Inghilterra, e non appena le schiere dei Mammalucchi vanno dispersi davanti ai suoi battaglioni, il vincitore ritorna alle sue mappe con gli occhi ardenti, e già cova il disegno di rinnovare l'impero romano di oriente.
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