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      Quelli che all'occhio superficiale sembrano tali, sono invece patetici colpi di scena, poggiati con astuto calcolo sulla stupida credulità della folla. Fin dal principio germinava in quell'anima un istinto brutale, violento. Amava il terrore, sparso alla maniera giacobina. "Il mondo deve sapere di che cosa siamo capaci", esclamò dopo l'esecuzione del duca d'Enghien. Per lui era un gusto raggiungere i suoi scopi con durezza e crudeltà inutili, a principiare da quel piccolo 18 brumaio, che gli procurò, allora giovine ufficiale, la carica di comandante della guardia nazionale, fino al grande 18 brumaio e a tutte le innumerevoli barbarie durante l'impero. Cotesto modo violento bisogna anzi riconoscerlo in lui anche nella condotta della guerra: egli riordinò, non smise punto il brutale procedimento di guerra dei giacobini. Non era affatto propenso a risparmiare i propri mezzi; riportava le sue vittorie col peso delle masse schiaccianti, con crudele indifferenza pei caduti. Non esiste in lui nemmeno il sentore di quella elevatezza, che rischiara come un'aureola il capo dei veri imperatori; tanto meno quel garbo fine che viene dal cuore. Era una natura volgare, che si abbandonò senza vergogna e senza gusto agl'istinti della libidine e dei perversi capricci. Stando alle descrizioni del sassone Odeleben, quale odioso feroce spettacolo offriva il suo quartier generale nel 1813! L'imperatore che medita cupamente presso il fuoco di guardia, minaccioso e imperioso in ogni tratto; intorno a lui in ampio cerchio, con bisbigli timidi, il seguito; e di botto scoppia un precipitoso à cheval!


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





Enghien Odeleben