L'onda della vita orientale frattanto batta pure gagliardamente sull'edificio di Cesare; il mezzogiorno e il levante mediterraneo declinino pure di nuovo verso la civiltà di oriente: il seme dell'opera di Cesare dura. Più fortunato di Alessandro, Cesare ha percorso ad occidente il cammino della storia. Senza di lui e senza l'impero dei Romani, non sarebbe esistita la benefica fratellanza dei popoli occidentali, che oggi si ricompone lontana da ogni convulsione guerresca. Egli assicurò ai popoli stanchi dell'antichità un ultimo respiro di vita piena, prima di estinguersi; e quando in fine i nostri padri fracassarono lo scheletro putrido dell'impero universale, ebbene, essi più non erano stranieri, e tramandarono fedelmente ai nipoti quanto era immortale in quel vecchio mondo. Quando oggi i democratici francesi, amareggiati dal tendenzioso cesarismo dei bonapartisti, maledicono i romani come distruttori della libertà celta, noi rispondiamo: "Voi non sapete quel che vi dite: dovete a Cesare, se voi siete francesi e non già Iri!" E chi può dire, se l'idea dell'impero che, nata nella mente di Cesare, ha sollevato l'anima di tanti nobili popoli, oggi sia morta per sempre? se l'impero non sia per risorgere un giorno in forma più umana, come una libera corte arbitrale sulle nazioni tutte amiche?
A noi figli dei popoli giovani gela il cuore, quando ci voltiamo indietro a guardare la Roma imperiale. Un'essenza di vecchiaia è appiccicata all'impero universale. La consolazione delle menti profonde, a cui quel mondo decrepito non può offrire più nulla di grande, è: Patet exitus.
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