Nel tranquillo raccoglimento della vita puramente sociale, l'uomo, non pago delle opere di una cultura eclettica che non produce più nulla di nuovo, comincia a rientrare nell'intimo del suo cuore: e finalmente risuona nel mondo affaticato il grido di riconciliazione della creatura col Creatore. Ricordando il clamore di battaglia dei cesariani, l'acclamazione a Venus victrix delle dieci legioni gloriose, ci dà il freddo della nostalgia il pensare quanta magnificenza veniva distrutta dal trionfo dell'imperatore. Ma in fine ci riconcilia la riflessione, che allora si compì un destino irrevocabile, e che tra i mali delle guerre civili era sorto un nuovo ordine di cose, era sorto un mondo al quale noi stessi dobbiamo una buona parte della nostra fortuna umana. Il vive l'empereur! dell'armata napoleonica ci ricorda solo un barbaro accidente, solo l'infinita miseria, che il capriccio di un uomo inflisse al mondo. Presso al cadavere di Cesare vegliarono per tre notti i Giudei di Roma piangendo il protettore degli oppressi. Napoleone stramazzò fra gli urli di vendetta delle nazioni straniere, mentre il suo popolo, che egli stesso aveva disavvezzato dalla libertà operosa, si tenne indifferente in disparte. Come allora giudicarono i poveri di spirito, la storia giudica oggi.
È certo che i più prudenti bonapartisti già da un pezzo considerarono in segreto la politica europea di Napoleone I come una partita perduta, sebbene il sistema esiga il culto incondizionato di Napoleone, e proibisca l'espressione palese di opinioni tanto eterodosse.
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