Noi moderni rimaniamo atterriti davanti a cotesta strapotenza senza limiti, tanto più che non ereditaria, nelle mani di un sol uomo, e siamo in dubbio se onorarla col nome di regalità. Il regime imperiale è la costituzione di una società profondamente corrotta, morente: per giunta l'opera di Cesare fu sconciata dai successori, deformata, contro l'intenzione del fondatore, in uno stato militare. Ciò non ostante, la dominazione degl'imperatori costituisce la sola conclusione concepibile, necessaria, dello sviluppo politico del mondo antico. Non appena l'empire svelò la sua vera essenza, la parte viva della nazione, la classe media, gli si levò contro: Cesare invece aveva combattuto un'aristocrazia decrepita, che portava nel cuore la morte. Nell'impero di Napoleone fermentavano e operavano in segreto le idee costituzionali; la gente illuminata guardava con rossore e con ammirazione la libertà dei popoli anglosassoni. Nella Roma imperiale il fuoco delle idee repubblicane volse lentamente in cenere; nessuno sguardo invido ai popoli forestieri turbò la pace dello stato asservito: Roma era la terra, i barbari non contavano.
Napoleone si servì dei partiti repubblicani come aiuto a salire; e odiava i legittimisti come i peggiori nemici della propria dominazione. Cesare era un vero democratico, amava il popolo e avrebbe sdegnato il dileggio napoleonico contro la "canaglia". Sotto la tirannide di Silla ebbe a soffrire per le sue convinzioni democratiche, e il suo odio contro gli aristocratici comprendeva non solo i propri nemici, ma anche i nemici del popolo.
| |
Cesare Cesare Napoleone Roma Roma Silla
|