Gli arditi novatori del romanticismo, Victor Hugo e i suoi compagni, principiarono la lotta strepitosa che liberò finalmente la Francia dalla scomunica del sillabo accademico. La poesia, che finora non era stata stimata che come rettorica, come "il più bel genere della prosa", adesso cerca di formare il proprio carattere, di penetrare gli enimmi del cuore umano. Anche le fantasie cattoliche della giovine scuola conferiscono naturalmente all'aspetto di questo popolo romanico. Con Sainte-Beuve principia un novello e più libero avviamento della critica estetica, e Quinet e Cousin già si arrischiano a illustrare ai loro connazionali le idee di Herder e di Hegel. Nello stesso tempo sorgono i migliori nomi, che ha conosciuto l'arte francese da Poussin in poi. Nel campo della scienza politico-storica fiorisce rigogliosa una nuova generazione diligente insieme e intelligente, dotta e dedita alle lotte dei nostri giorni. Con quale gioia la gioventù salutò alla Sorbona le entusiasmanti prolusioni di Villemain e di Cousin! Con quale piacere perfino il vecchio Goethe, poco sensibile alle simpatie politiche, parlò al suo Eckermann del Globe e dei primi passi di Mignet e di Guizot! Arride a questi giovani ingegni l'invidiabile, rapido, impetuoso successo, che la nostra vita sociale sparpagliata ricusa al tedesco. Era un risveglio affatto spontaneo degli spiriti: giacché la corte dei Borbotti sa promovere l'arte solo col dispendio, ma davanti all'essenza dell'arte è ottusa come un tempo fu Napoleone.
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