Quasi tutti erano irritati dai rapporti che la corte aveva con la Russia. La posizione dominante, che Pozzo di Borgo teneva dai primi anni della Restaurazione e poi di nuovo sotto Carlo X, era indegna della Francia: perfino i diplomatici tedeschi della scuola conservatrice ebbero a dire, che non si sapeva se Pozzo fosse ministro di Russia o di Francia. E ciò in un momento, in cui la crisi orientale con le sue sorprese periodiche minacciava la pace del mondo! Non si voleva a nessun patto abbandonare la Turchia, vincolata da un'antica amicizia, introdotta per la prima volta dalla Francia nella cerchia degli stati europei; si subodorava l'intendimento della politica grecofila della Russia, che lo czar Alessandro davanti al principe Lieven aveva compendiato in una parola: il me faut une Grèce! Ma nemmeno si poteva resistere al fanatismo filellenico dei liberali, giacché l'opinione pubblica eccitata era ridivenuta una forza, e forza attiva anche nella politica estera; tanto meno, nell'antagonismo tra l'Inghilterra e la Russia dominante la questione orientale, s'intendeva di prendere partito per l'Inghilterra, che sul Bosforo difendeva il Gange. Così la Russia, che in Oriente era la sola a conoscere il terreno, attirò la corte di Parigi da una falsa posizione all'altra. I Turchi sono traditi a Navarrino, l'istinto guerresco nazionale è nuovamente ridesto dalla vittoriosa e non sanguinosa spedizione di Morea; e alla fine la Turchia è indebolita dall'amputazione fattale della Grecia, e la Russia senza ostacoli preme sui Balcani.
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