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      Troppo nobile sangue era stato sparso dall'una e dall'altra parte, e dall'una e dall'altra parte c'era da perdonarsi più che a uomini fosse dato condonare. Era inconcepibile, che i fratelli del re decapitato si stringessero in rapporti leali con gli assassini del sovrano e assassini di Dio; ed era anche più impossibile, che la nazione mettesse confidenza a cotesta nobiltà, che in altri tempi pensava di detronizzare Luigi XVI come fautore della rivoluzione e che in seguito, dopo sterili lotte contro la patria, rimandava a casa i figli a occupare le cariche alla corte dell'imperatore dei plebei. Già sotto il Direttorio la mente più acuta del campo legittimista, De Maistre, aveva predetto le tristi conseguenze di questa incurabile inimicizia delle persone. E adesso che la nobiltà si preparava, come ai tempi di Enrico IV, a considerare il re semplicemente come il primo gentiluomo del paese, e a farsi una prerogativa della parola honneur come di una parole toute à nous, il generale Foy avvertì: "la dinastia corre infallibilmente alla rovina, se si appoggia sopra una nobiltà siffatta". Gli stessi gabinetti alleati non si preclusero del tutto il discernimento, che i nuovi tempi esigevano nuovi uomini, e fin dal principio, e specialmente poi alla seconda pace di Parigi, pensarono a qualche nuovo candidato al trono, ad Eugenio Beauharnais e qualche altro. Anzi i più aspri nemici di Napoleone, come per esempio Stein, riguardavano i Borboni tutt'al più come un punto di appoggio pel paese travagliato, dopo che la debolezza del sistema si era così pietosamente rivelata nei cento giorni.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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