L'industria moderna aizzava, come dovunque in Europa, il senso materialistico dei grandi industriali, assorbiva tutte le loro forze nella gara ardente della speculazione, e li alienava dalla vita comunale. I parigini guardavano con diffidenza ogni vestigio di spirito di autonomia nelle provincia legittimista: erano sempre disposti ad agitarsi davanti allo spettro di quel federalismo, che un tempo la Convenzione aveva sanguinosamente combattuto, e che i giacobini nelle loro feste riboccanti di buongusto avevano carreggiato per le vie sotto la forma allegorica di una donna terribile, che sputava sangue e aveva le ceraste avvelenate nei capelli. Quanto ai contadini, si accettava la malinconica riflessione di Turgot: un villaggio è un mucchio di capanne e di abitanti indifferenti come quelle.
La nazione era abituata a lasciare la cura quotidiana dei modesti affari pubblici ai funzionari dello stato; nei suoi costumi era napoleonica senza essa stessa saperlo. Il che divenne palese, quando il ministero Martignac si presentò al parlamento con le proposte di riforma dell'amministrazione distrettuale e locale. I deputati domandarono con grandi parole alla corona le istituzioni municipali, "questi monumenti delle nostre antiche libertà"; ma le riforme furono respinte, perché lo spirito fazioso delle camere preferì al bene offerto l'irraggiungibile meglio; e tutta la discussione si aggirò soltanto su particolari subordinati. Il governo proponeva che i consigli generali e distrettuali istituiti per nomina dovessero per l'avvenire essere eletti; riforma senza dubbio meritoria; e si disputò appassionatamente sull'estensione di cotesto diritto di voto.
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