IV.
Se ora computiamo di nuovo coteste circostanze, cioè la dinastia stabilita dalle baionette straniere e straniata dai tempi e dal popolo, i segreti raggiri dei preti e degli emigrati, l'amministrazione napoleonica e, infine, l'aspra lotta dei partiti nelle camere, la quale portò poco benefizio al complesso delle popolazioni senza che forse non uno intravvedesse le cause di tale sterilità, noi ci spieghiamo facilmente, che la nazione così eccitabile come era, ed avvezza ai trionfi abbaglianti e alle grandi passioni di un'età portentosa, comportasse sotto cotesto mite regime appena qualche ora di pace interna. Lo spensierato borghese poteva pure, dopo una nuova disfatta dei legittimisti, riposarsi nell'idea, che l'èra della rivoluzione fosse felicemente chiusa: il suo barbiere era un barone, e il conte bancarottiere si era sottomesso al lustrascarpe: gloriosi eventi, che il poeta della borghesia, Scribe, cantava nel suo capolavoro Avant, pendant et après come i frutti d'oro della libertà francese. Lo spirito di opposizione si svegliò di botto, e crebbe potente nella parte più vivace della nazione. Quando Federico Gentz osservò da vicino l'enorme diffusione della letteratura liberale parigina, fu preso da un incubo, come se gli avessero annunciata l'entrata dei Russi a Costantinopoli. Come ai tempi del Réveil du peuple, si diceva ora un'altra volta: si l'aristocrate conspire, conspirons la perte des rois. Tutto il paese era coperto da una rete di società segrete, che s'intrecciava con le vendite dei carbonari e con la giunte dei rivoluzionari spagnuoli.
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