E si avverò anche questa volta il vecchio malvezzo del mondo, di tenere per grandi uomini gli autori di grandi misfatti. Questa generazione agitata non volle proprio saperne del fatto incontestabile, che la maggioranza delle assemblee rivoluzionarie era stata spinta alle sue risoluzioni estreme dal batticuore e dalla codardia; derideva la profonda verità, che il fanatismo è il retaggio inalienabile della grettezza, e che la moderazione del genio è un privilegio di nobiltà. E secondo che le ferite impresse dal giogo ferreo dell'impero si venivano lentamente rimarginando, nella fantasia oziosa del popolo a poco a poco si alzava sempre più imponente e abbagliante la gigantesca figura di Napoleone. Béranger è il cantore più nazionale del tempo appunto per questo, che non si solleva sulla cultura media della nazione, ma senza giudizio critico, come questa, si entusiasma e canta tutto d'un fiato la Rivoluzione e il suo domatore.
A chi aveva osservato da vicino il prigioniero di Sant'Elena, cotesto risveglio del culto di Napoleone doveva certo sembrare incomprensibile. La storia moderna non conosce spettacolo, che provochi con tanta violenza l'odio amaro degli uomini, come questa fine furfantina di un grandioso arringo di eroe. Certamente nessun conoscitore di uomini si sorprende, che la passione vulcanica di questo violento si sfoghi ora in una irrequietezza febbrile, e in un maligno arrabbiarsi coi buoi e i gatti del vicino: il non far niente doveva essere un inferno per questo genio della potente attività, il quale non poteva trovare la sua pace nel poetare e pensare, come il filosofo di Sans-Souci.
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