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      Nelle società segrete di Lafayette e complici fu stretta misteriosamente l'alleanza tra i bonapartisti e i radicali. Ma sul momento nessuno credeva al rinnovamento dell'impero.
      Un tardo avvenire avrebbe appreso, che la santa austerità della storia non è abusata impunemente nei trastulli della vanità. In quella generazione rumorosa alcuni chiamassero pure il vitello d'oro "Napoleone"; altri lo chiamassero "1789"; fatto sta che tanto gli uni che gli altri erano professi d'idolatria. Dietro la deificazione di moda al tempo della Rivoluzione, si nascondevano un'albagia sconfinata della nazione, che godeva di chiamarsi il popolo messianico della libertà, e un disprezzo degli altri popoli non meno frivolo. Si misconosceva la verità, che le forze attive della storia operano onnipresenti ed eterne. Non si voleva vedere, che l'antica struttura bronzea dello stato inglese rappresentava nella libertà moderna una parte per lo meno eguale a quella della Rivoluzione francese. Tanto meno si riconosceva, che la spada della Germania aveva salvato la nobile varietà della civiltà europea, e che i pensatori della Germania avevano di nuovo ricordato al mondo il diritto inalienabile della nazionalità. E si sarebbe pure dovuto capire almeno, che la Prussia con la sua libertà comunale buttava al suo popolo in armi le fondamenta di una società, che non cedeva punto in energia di vita allo stato burocratico della égalité. Il pensiero fondamentale di quella mostruosa falsificazione della storia era in questa presunzione: l'Europa è obbligata ad ammirare la Francia, e se un dominatore della grande nazione costringe il continente ad adempiere questo dovere, allora tutto gli è permesso!


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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