Ma come e quando quella fatua specchiatura di sé stessi, quell'apoteosi della rivoluzione e dell'impero, con cui si trastullavano le persone cólte, si era diffusa anche nelle popolazioni? in quelle popolazioni, che serbano tuttora sentimenti ingenui e greggi, e che non fantasticano mai senza insiememente volere?
Eppure ciò avvenne. Lo stesso imperatore già si era eccellentemente compreso al proverbio: give me the ballad-making and I will rule the people. I cantastorie propalavano la gloria della grande armata, figure di cera e illustrazioni mostravano ai contadini i lineamenti dell'imperatore e dei suoi eroi. L'antico appassionamento della gente di bassa condizione pel plebeo che aveva mostrato ai grandi ciò che sa fare la forza di un uomo, ora fu accresciuto dai Borboni con la guerra che, come per un accecamento mandato loro da Dio, bandirono contro tutti i ricordi e le memorie imperiali. Qui un prefetto fece bruciare l'immagine del mangiatore di uomini Bonaparte insieme con un'aquila viva, là fu buttato in carcere un veterano perché portava alla casacca un bottone con l'aquila. La polizia dava incessantemente la caccia alle statuette e ai busti dell'imperatore, che erano venduti nascosti nei pomi dei bastoni o nelle tabacchiere a doppio fondo. La statua della colonna Vendôme fu tenuta celata a lungo nello studio di un artista fidato, adorna di bandiere tricolori, finché i Borboni la fecero prendere di là e rifondere pel nuovo monumento a quell'Enrico IV, che il popolo non conosceva più. Affluirono nei villaggi i veterani, coperti di ferite, derelitti, offesi dai nuovi luogotenenti nobili che non avevano mai fiutato l'odore della polvere; "e ciascuno di essi diventò un Omero improvvisato dell'epopea imperiale", come dice un orleanista, il conte di Montalivet.
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