Perfino il codice dell'impero dové smettere il nome del suo autore, e i partigiani dell'imperatore furono perseguitati perfino sul vestibolo neutrale dell'accademia. Anche all'estero le popolazioni non si stancavano di almanaccare sull'uomo satanico. La fantasia degli orientali fuse questa figura di eroe con un'altra apparizione della lontana antichità: i beduini raccontavano della cavalcata nel deserto, che il sultano dei franchi, Iskander (Alessandro), aveva fatta di nuovo a oriente dopo duemila anni. I palermitani sapevano, che il grande isolano sarebbe riapparso e avrebbe precipitato nel mare il massiccio del monte Pellegrino. In Turingia il popolo bisbigliava, che l'imperatore aveva liberato a Kyffhäuser il Barbarossa. E dovunque le moltitudini credevano, che un tale uomo non potesse morire. La credenza in tale immortalità si sparse anche in Francia, a personificare le grandi memorie esclusivamente in questo eroe. Egli era il gros papa, il père la Violette, e soprattutto il "piccolo caporale". È nota l'influenza e il senso di amor proprio che i vecchi sottufficiali serbano in tutti gli eserciti stanziali; tanto che anche nella campagna del 1859 gli zuavi elessero il re d'Italia a loro caporale onorario. L'imperatore con la sua maestria nel maneggio degli uomini aveva cattivato ciecamente alla propria persona per l'appunto questa classe dei sottufficiali; e se pensava a loro, poteva ben dire con piena confidenza: "chi tocca la mia memoria morde il granito". Anche in quelle provincie del mezzogiorno che un tempo avevano oltraggiato l'imperatore fuggiasco, la gente del popolo non poté resistere a lungo alla propaganda dei veterani: era, in verità, gloria della Francia quella di cui i vecchi narravano i fasti, e il principe della guerra con tutti i suoi delitti era un eroe non meno nazionale del re degli emigrati.
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