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      E rimediò col sistema dei meschini espedienti polizieschi di perquisizioni e tastamenti. Il principe di Metternich, che in queste faccende non immischiava nemmeno il suo birro di fiducia, non faceva che informarsi ansiosamente, con lettere di suo pugno, sulle mosse della duchessa di Saint-Leu o del conte di Monfort. Non appena corse voce, che il conte Possé, genero di Luciano, sarebbe nominato ambasciatore di Svezia in Italia, il cancelliere scrisse immediatamente al duca di Modena intimandogli di protestare contro la possibile nomina. Con grande mitezza si comportò invece la corte russa, imparentata con Gerolamo e coi Leuchtenberg; più di una volta, anzi, i suoi diplomatici protessero i Bonaparte dalla grossolana persecuzione poliziesca. Ma qualunque iniquità delle grandi potenze era superata dal trattamento rivoltante, che la casa di Girolamo era destinata a sperimentare da parte di uno dei più zelanti servitori dell'usurpatore. Nessuna casa regnante era obbligata all'imperatore più di quella del Würtemberg; perché "prima di Napoleone", come lamenta Gerolamo nelle sue memorie, "non era mai esistita una nazionalità würtemberghese", e il mondo intero sapeva, che le fumées du Germanisme non avevano mai menomamente dato alla testa né al re Federico né ai suoi fedeli. Ma non appena la caduta di Napoleone fu un fatto, il re pretese che sua figlia Caterina si dividesse dal marito che egli stesso le aveva dato. Dalla nobile donna, legata al marito con fedeltà tedesca, ricevé degna risposta: "io ho partecipato alla sua fortuna, ed egli mi appartiene nella disgrazia". Il padre fece rapire la figlia e trasportarla a forza nel Würtemberg; e per un anno intero martirizzò moglie e marito nel castello di Ellwangener, per impadronirsi dei loro beni.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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