Tra i napoleonidi i più attivi si rivelarono i Beauharnais, e, insieme, i più amabili, perché immuni dalle allumacature di volgarità attaccate indelebilmente ai genuini Bonaparte. Eugenio cercò di compensare con la solerzia di una segreta attività la debolezza mostrata alla caduta del patrigno. Viveva a Monaco come principe reale, amato da tutti e assai popolare, e aveva intorno una piccola colonia di francesi scontenti. Il suo aiutante, il generale Bataille, possedeva grandi beni a Milano, e manteneva strette le relazioni coi patrioti del Regno d'Italia. Il principe stesso si recava frequentemente ad Augsburg dalla sorella Ortensia, mandava da Abel in viaggio la moglie, a lui molto devota, con incarichi segreti, e insieme coi due Las Casas, al loro ritorno da Sant'Elena, lavorava all'ordito della leggenda napoleonica. Questo focolare tedesco del bonapartismo, come avvertì sovente anche il principe di Metternich, fu lasciato tranquillo: tra i familiari di Eugenio si annoveravano molti ufficiali postali e lo stesso direttore della polizia di Monaco. Persisteva tuttora alla corte e nell'esercito un forte partito bonapartista: una volta il re Massimiliano Giuseppe disse chiaro e tondo all'ambasciatore borbonico: il vous faut un Eugène!(7). Del pari instancabilmente esercitava la propria influenza Ortensia, la donna piena di spirito, gaia, leggera, che con l'incanto della sua conversazione aveva saputo incatenare a sé perfino la musoneria degli antichi castelli. Ella avverò ciò che aveva predetto il patrigno: elle embellira mon histoire.
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