In questi tempi tanto cólti non è forse permesso di calcolare il movimento della vita politica con altrettanta sicurezza, come il decorso di una ecclissi di luna? Non era fuori dubbio, che la Francia aveva trovato nel duca di Orléans il suo Orange e nella grande settimana il suo 1688: un raffronto che il Nain jaune aveva già anticipato quattordici anni prima? Ciò che Mirabeau aveva desiderato pel suo paese, la monarchie sur la surface égale, parve in fine realizzato: il modello della costituzione inglese aveva ricevuto, con l'annientamento dell'aristocrazia, un miglioramento che rispondeva ai costumi democratici della Francia. La rivoluzione sociale compiuta da un pezzo parve politicamente assicurata, perché fu dichiarato formalmente il principio della sovranità popolare, e fu respinta solennemente la presunzione, che i diritti innati fossero concessi alla nazione per grazia reale. D'ora in poi la Carta è una verità: la scienza del diritto pubblico francese è nel suo fiore, e non le rimane altro cómpito, che di spiegare gl'immutabili principii dello statuto. Il nuovo regime riunisce le virtù della monarchia e della repubblica. La Carta contiene tutti gli elementi della libertà repubblicana, come dichiarò Lafayette, che fu il lord-protettore dei francesi nella settimana del turbine. Il re porta solo la corona, ma non governa; è "il re di nostra elezione". Rapida e sicura come una rivoluzione di palazzo, la lotta per le strade spazzò la vecchia dinastia. Da un momento all'altro il duca di Bordeaux diventò non meno incompatibile del nonno: le nuove generazioni conosceranno ciò che ha significato una dinastia di diritto incontestabile in un paese dilaniato dai partiti.
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