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      In poche settimane furono deposti settantasei prefetti degli ottantasei; l'esercito sterminato degl'impiegati subalterni passò a tamburo battente al potere del momento. Si rinnovarono in conseguenza nella Vandea le lotte e le vittorie dei tempi repubblicani. I colpi della gran settimana, dove erano caduti, avevano schiacciato; e ne misuriamo la portata dall'inesprimibile sgomento che sorprese le potenze della Santa Alleanza. A Vienna non si fece nemmeno parola di mantenimento dello statu quo ante a qualunque costo: l'acquiescenza all'innovazione immutabile diventò l'unica soluzione, per salvare almeno i rimasugli dell'antico ordine europeo.
      Anche questa volta l'acume degli statisti e dei filosofi della storia si smarrì. Il nuovo regime a Parigi era un semplice espediente, non già la conclusione necessaria di un grande decorso politico. L'opposizione non era stata iniziata, come un tempo in Inghilterra, né dal re e dal suo esercito, né dalle classi dirigenti, per un accorto calcolo politico: la rivolta, i cui frutti andarono a cadere in grembo ad altri, fu compiuta dal popolo di Parigi, dalle moltitudini. Se ogni rivoluzione promette assai più che non mantenga, le moltitudini in conclusione doverono uscirne assai male e sentirsi bene gabbate, quando videro che sulle barricate del quarto stato s'intronizzava un governo di borghesi. Il quarto stato non era ancora chiaramente consapevole dei propri interessi di classe; ma i veterani dell'esercito imperiale, gli operai e gli studenti, che nella sommossa avevano lottato in prima fila, indiscutibilmente non avrebbero affatto arrisicato la pelle per la casa d'Orléans.


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La Francia dal primo Impero al 1871
di Heinrich von Treitschke
Editore Laterza Bari
1917 pagine 597

   





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